sabato 22 ottobre 2011

Due alunne e un professore in dialogo sulle macerie della scuola

Tutti condividiamo il fine della protesta, ma non il mezzo con cui raggiungerlo: l’occupazione delle scuole. Alcuni ritengono che sia un pretesto per saltare lezioni. Per quanto criticabile dal punto di vista legale, questa forma di protesta si è rivelata finora quella più capace di coinvolgere gli studenti di molti istituti in una lotta unitaria. Pensate che ci sia divertimento dentro le scuole occupate? Vi sbagliate! C’è rabbia, mista alla ricerca di proposte per portare avanti la nostra causa. Ma qual è questa causa?
* NO a un futuro compromesso da una riforma che ci costringerà alla precarietà;
* NO alla distruzione delle scuole pubbliche a favore di quelle private: la cultura è un diritto inderogabile per tutti
* NO ai tagli che nel nostro liceo (il “G. Garibaldi” di Palermo)  impediscono agli studenti di usufruire di una palestra;
* NO all’aumento delle tasse universitarie, che precluderebbero l’istruzione a studenti non in grado di pagarle;
* NO ai tagli del numero di professori, che impediscono il regolare svolgimento delle lezioni e hanno già causato nelle università un ritardo dell’inizio  delle lezioni;
* NO ai tagli e al disinteresse per i fondi destinati alla ricerca.
* NO alla riduzione del numero di classi, che costringe a portare avanti un programma con classi di trenta o più alunni;
* NO ai tagli delle ore scolastiche. In particolare NO alla riduzione delle ore di italiano, per non rendere la nostra stessa lingua una lingua straniera ed evitare di ritrovarci professionisti incapaci di esprimersi in un italiano corretto. NO alla fusione delle materie di storia e geografia: abbiamo bisogno di conoscere il mondo in cui viviamo e soprattutto le nostre radici storiche, per non mortificare la nostra identità. NO all’eliminazione delle discipline sperimentali nei licei. Ci risulta deleterio il provvedimento che elimina lo studio della storia dell’arte al biennio in un liceo classico.
Molti si interrogano sull’utilità della protesta. Non vogliamo essere scambiati per sognatori, ma essere presi sul serio: puntiamo a un risultato concreto. In questi giorni abbiamo fatto sentire la nostra voce: qualcosa si è mosso, tutta Italia è in fermento, siamo riusciti ad attirare i media. A questo punto, mentre il Parlamento discute sull’approvazione della legge finanziaria, ha il nostro parere. Teniamo a ricordare il principio su cui si dovrebbe basare un governo democratico: i parlamentari sono i NOSTRI rappresentanti! La sovranità non appartiene agli uomini eletti nelle istituzioni, ma al POPOLO! A differenza di quanto molti pensano, NOI SAPPIAMO COSA VOGLIAMO PER IL NOSTRO FUTURO!
Ci rendiamo conto di come il nostro Paese stia andando incontro a una crisi economica, politica e culturale. Il governo non fa altro che preoccuparsi di mantenere la maggioranza e quindi tenersi stretto il “trono”...ma chi si interessa veramente alle sorti dell’Italia?  Siamo convinti di poter far fronte alla crisi attraverso una politica di risparmio. Un risparmio, però, che non colpisca la cultura, che è il mezzo mediante il quale i giovani possono sviluppare una coscienza critica e quindi non sottomettersi al volere altrui. Uno dei nostri striscioni reca la scritta: “I soldi per l’istruzione esplodono in Afghanistan”. Sarebbe opportuno ritirare l’esercito dall’Afghanistan,dunque impiegare il denaro per ciò che è veramente utile! Bisognerebbe valorizzare il patrimonio culturale che l’Italia, non lasciare al degrado siti storici come Pompei. Ognuno deve pagare le tasse regolarmente, c’è bisogno di più controllo contro l’evasione fiscale. Poi, perché non far pagare l’ICI anche alla Chiesa cattolica? Infine riteniamo opportuno un risparmio che cominci dal singolo cittadino, nel suo piccolo, perché è dalle piccole cose che nascono le grandi cose.                                                        
AIUTATECI AFFINCHE’ TUTTO CIO’ NON SIA SOLO UN’UTOPIA, MA DIVENTI UN SOGNO REALIZZABILE!!!
                                                                Agnese e Roberta, “Garibaldine”

Care Agnese e Roberta, sono compiaciuto della vostra lettera onestà intellettuale. Dico subito che sui fini della protesta sono quasi del tutto d’accordo. Andiamo direttamente ai metodi scelti. Che sia palesemente illegale non solo astenervi dalla fruizione di un servizio che avete pagato con le tasse, ma  tentare di impedire ad altri compagni l’esercizio del loro diritto allo studi, non ritengo sia necessario dimostrarlo. Ci sono – è vero - casi in cui “l’obbedienza non è più una virtù” e infrangere la legalità può essere lecito, anzi doveroso. Ma quando un parlamento eletto democraticamente vara una riforma del sistema universitario e scolastico a maggioranza, siamo di fronte a una legalità solo formale e non sostanziale? In nome di quale etica superiore studenti e professori (ammesso che siano tutti d’accordo) potrebbero sospendere le regole costituzionali? Il popolo ‘sovrano’ a cui fate riferimento sono i 40 milioni di italiani che hanno diritto di voto (e che con il voto, o con l’astensionismo, hanno permesso questo governo) o sono i 10 milioni di studenti in rivolta? Quando sono gli spazzini o i controllori di volo o i neurochirurghi a ribellarsi a una normativa li tacciamo, giustamente, di ‘corporativismo’: perché il principio “la maggioranza vince” dovremmo contestarlo quando siamo in minoranza?
    Ma ammettiamo che ci siano delle ragioni etiche talmente evidenti da legittimare l’illegalità dei metodi. Rimane la terza questione, decisiva: occupare le scuole è funzionale allo scopo? Alcuni intoppi parlamentari delle proposte governative vi danno l’illusione ottica che sia così. A me sembra che ciò sia due volte sbagliato. Sia nell’immediato perché, se “Futuro e libertà” non avesse conti da regolare con PDL e Lega, la maggioranza avrebbe retto senza ostacoli. Ma anche se la “riforma Gelmini”  fosse temporaneamente bloccata in parlamento come effetto della vostra contestazione, che cosa ci aspetterebbe in futuro? Ammettiamo  l’ipotesi più rosea: cade questo governo, si scioglie il parlamento, si indicono nuove elezioni. Bene: che cosa insegnano gli ultimi anni di storia italiana, dal 1968 a oggi? Il 20% degli studenti voterà per uno schieramento (anche minoritario) che abbia delle idee più chiare in fatto di scuola; il 20% degli studenti, consapevolmente, rivoterà esattamente per quei partiti che oggi contesta perché riterrà che ci siano ‘valori’ più importanti dell’istruzione da salvaguardare; il restante 60% continuerà a fare esattamente quello che sta facendo in queste settimane (o non prenderà posizione o si scomoderà, ogni tanto, dal divano per recarsi a votare secondo ciò che in quel momento gli sembrerà più utile egoisticamente). Cara Agnese e Roberta, non ho nulla contro il 20% degli alunni onesti (anche se un po’ abbagliati) come voi due; non ho neppure nulla contro il 20% dei vostri colleghi che, altrettanto onestamente (e ancor più abbagliati di voi), saranno sempre pronti a schierarsi per la conservazione dell’esistente; ma mi fa orrore quel 60% di qualunquisti, di opportunisti. Non saranno né migliori né peggiori del 60% di noi adulti attuali, genitori o insegnanti. O vi preparate, come tutte le dittature popolari, a tagliare milioni di teste o vi preparate (anche mediante la partecipazione a partiti, sindacati, movimenti, associazioni) a riformare le coscienze e a creare nuove maggioranze (non solo quantitative, ovviamente). In questa seconda direzione continuerete ad avermi accanto nei tempi e nei modi che vorrete; nel primo caso sarò esattamente dove mi trovo dal ’68 in poi: dalla parte opposta.

                                    Augusto Cavadi

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